Omelia_5 Settembre 2021_ DOMENICA XXIII T.O

Da alcuni giorni in S. Michele è iniziata la novena in preparazione alla festa della B.V. del Monticino che celebreremo il 12 settembre 2021. Le misure anti Covid ci hanno suggerito di non rimanere nel Santuario per dare a coloro che vogliono pregare Maria di poterlo fare in sicurezza. Oggi alle 10.30 i ragazzi che hanno frequentato la quarta elementare riceveranno la prima comunione. Voglio ricordare che con gioia l’eucarestia sperimenta in molteplici forme il continuo avverarsi della promessa di Gesù “Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. “ Nell’Eucarestia è racchiuso il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo nostra Pasqua è pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito, dà vita alla Chiesa.” Tutti noi viviamo dell’Eucarestia dono del Corpo e Sangue di Gesù per la salvezza eterna. La prima lettura è tratta dal profeta Isaia, che parlando al popolo di Israele proclama l’intervento di Dio “Coraggio non temete!! Ecco il vostro Dio. Egli giunge a salvarvi.” Il popolo troverà nuova consolazione. Dio sarà di nuovo vicino ad ognuno, è finita la schiavitù, inizia una nuova creazione, un nuovo rapporto di Dio col creato e con l’umanità. Attraverso la consolazione si rende possibile la manifestazione di Dio “ i ciechi avranno la possibilità di vedere, si schiuderanno gli orecchi dei sordi, nel deserto scaturiranno acque, il suolo riarso avrà sorgenti di acqua”. La consolazione di Dio avviene anche per noi qui e ora, nel nostro presente. Il Vangelo di S. Marco ci porta nel territorio della Decapoli lontano dalla Giudea, Gesù ritorna in Israele e proprio in questo suo itinerario gli portano un sordomuto e lo pregano di imporgli la mano per donargli la guarigione.  Gesù fa molto di più di quello che gli viene richiesto, si “ ritira con quell’uomo in disparte, lontano dalla folla” cerca un luogo solitario probabilmente per evitare che qualcuno lo veda o senta quello che fa “guarda verso il cielo, emette un sospiro” come identificare una preghiera silenziosa , “pone le dita negli orecchi e con la saliva gli tocca la lingua” e dice: “ Effatà cioè Apriti.” La guarigione avviene immediatamente: “ gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della lingua, parlava correttamente.” L’episodio termina col comando di Gesù di non dirlo a nessuno, ma essi proclamavano il fatto a tutti. Se ricordate bene i gesti di Gesù sul sordomuto vengono ripresi nel sacramento del Battesimo. Il celebrante ponendo il dito sugli orecchi e sulla bocca del bambino dice che possa Ascoltare e Proclamare la parola di Dio. Tutto questo potrà avvenire se i genitori, padrino e madrina lo coinvolgeranno nel far fruttificare la nuova vita ricevuta da Cristo. Questa pagina del Vangelo ci dice di non essere sordi verso il Signore, e nell’ascoltare meglio le persone che il Padre Celeste ci ha posto accanto, di essere sensibili verso tutti per alleviare il disagio di ogni fratello. “Signore donaci la costanza nell’ascolto della tua Parola.”

Omelia – 29 Agosto 2021_ Domenica XXII Tempo Ordinario

MARTIRIO DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Voglio ricordare la festa liturgica di questa domenica che accomuna anche il Martirio di San Giovanni Battista figlio di Zaccaria ed Elisabetta. Zaccaria è sacerdote della classe di Abia, ed Elisabetta, sua moglie, è pure lei di provenienza sacerdotale; è una discendente di Aronne. In Giovanni l’intero sacerdozio dell’Antica Alleanza diventa una grande profezia su Gesù. La preghiera della “Colletta” che introduce la liturgia della Parola è una “preghiera” di intercessione a Dio Onnipotente; chiediamo “infondi nei nostri cuori l’amore per il tuo nome”, “accresci la nostra dedizione a te”. L’amore verso il nome di Dio passa attraverso la conoscenza di Dio e il libro del Deuteronomio che ascolteremo ci dice che Egli abita in mezzo al suo popolo e si fa trovare da chiunque lo cerchi con cuore umile e puro. La nostra vita è una continua conversione al Dio vivente. È come dicono i Santi l’abbandono totale di sé senza chiedere nulla al Dio della vita, senza che Dio gli anticipi nulla dei suoi disegni sulla sua vita. La seconda richiesta a Dio coinvolge come sempre la nostra risposta di persone: è una chiamata ad accogliere il suo amore. È una chiamata ad aprirci, a dilatarci, per accogliere pienamente il suo amore divino, lasciare che sia il Signore a prendere dimora presso di noi. La prima lettura è tratta dal libro del Deuteronomio: il popolo di Israele entrerà nella terra promessa, Dio chiede “di osservare i comandamenti del Signore”; “li osserverete e metterete in pratica la legge perché sarà la vostra saggezza”. L’osservanza della legge del Signore dona la vita. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci pone Gesù che torna in Galilea e trova il sospetto degli scribi e farisei che erano venuti da Gerusalemme per metterlo alla prova. Una prima domanda riguarda la purificazione che doveva essere eseguita sulle mani prima di mangiare; hanno sentito che Gesù non era del loro stesso orientamento e scaturisce su di lui e i discepoli un giudizio negativo: “è un agitatore contro la legge”. Ma che cosa era propriamente la legge? Non si parla di legge con i Patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, la loro grandezza è nella fede, essi guardano, ascoltano la voce di Dio, la fede è tante volte messa alla prova, ma in essa è cresciuto l loro amore per Dio. Dopo la schiavitù egiziana si è smarrita la libertà della fede e Mosè dona al suo popolo la legge che diventa la via che condurrà Israele a Dio. Essa ordinava le relazioni tra le persone, ordinava il rapporto con Dio: il servizio al tempio, i giorni sacri e le feste. Tutto questo viene stravolto nel tempo e S. Giovanni nel suo Vangelo dice che i sacerdoti davanti a Pilato affermarono: “noi abbiamo una legge e secondo questa legge Egli deve morire”. La legge data da Dio è stravolta, secondo essa il figlio di Dio deve morire. Il sacro che veniva da Dio gli uomini lo hanno reso strumento di perdizione. Il Vangelo che abbiamo letto ci spiega tutto questo e come fosse difficile accogliere la chiamata di Dio. S. Marco ci vuole dire che la società non rende gli uomini migliori o peggiori, sono gli uomini che con le loro risorse dei doni ricevuti da Dio possono rendere il mondo più giusto di come lo hanno trovato. Tutto questo , noi possiamo farlo.

Omelia _ 22 Agosto – XXI Domenica Tempo Ordinario

Attraverso la preghiera della Colletta il popolo di Dio chiede al Suo Signore: l’unità dell’agire, ma in particolare si richiede di “amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti”. Questi tre aspetti della nostra vita ci saranno di indirizzo verso la ricerca della vera gioia. S. Agostino nelle Confessioni ricorda il suo incontro col Signore: “Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai.” “Sì perché tu eri dentro di me e io fuori, lì ti cercavo. Eri con me e io non ero con te”. “Mi chiamasti e il tuo grido sfondò la mia sordità, mi toccasti e arsi di desiderio della tua pace”. La vera gioia è l’incontro col Signore. La vera gioia è desiderare con tutto il cuore la pace che viene dall’incontro con Dio. “Ogni mia speranza è posta nell’immensa grandezza della tua Misericordia. Da’ ciò che comandi e comanda ciò che vuoi”. La prima lettura dal libro di Giosuè ci porta a conoscere il popolo di Israele, che uscito dalla schiavitù egiziana e dopo quarant’anni di permanenza nel deserto entra nella terra promessa. Si è accampato a Sichem luogo privilegiato e predestinato alla stipulazione di questo patto religioso: Abramo vi aveva edificato un altare. Giacobbe vi aveva acquistato dei diritti e sepolto gli idoli portati dalla Mesopotamia, il nuovo popolo di Dio in quel luogo deve scegliere chi servire, e tutti risposero: “Lontano da noi servire altri dei, il Signore è il nostro Dio, serviremo il Signore perché è nostro Dio”. Giosuè rimandò il popolo ognuno nel proprio territorio, inizia da Sichem la vita e la storia di un popolo nella terra promessa, Dio aveva mantenuto le sue promesse e Israele deve essere fedele al Patto stabilito con Dio. Il Vangelo di S. Giovanni inizia con una affermazione fatta da “molti dei discepoli di Gesù”. “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” Gesù aveva detto ai discepoli e agli apostoli che: “se uno non mangia la Carne del Figlio dell’uomo e non beve il suo Sangue, non può avere in Lui la vita”. Il pane è la carne del Figlio dell’uomo; la bevanda è il suo sangue. Chi rifiuta questo cibo non avrà in sé la vita. Le parole di Gesù ancora una volta attuano una separazione: “da allora in poi lo lasciarono molti dei suoi discepoli e non andarono più con Lui”. Avrebbero dovuto comprendere? Certo no, non si può immaginare che sarebbero stati in grado di capire queste parole, ma avrebbero dovuto credere in Lui. Avrebbero dovuto comprendere che dietro le sue parole si celava una profondità divina, avrebbero dovuto dire a Gesù, come già era accaduto altre volte, aprici al senso della tua parola. Alla frase detta da Gesù agli Apostoli: “Volete andarvene anche voi?” Pietro risponde: “Signore da chi andremo? Tu hai parole di Vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio.” Pietro non dice a Gesù: “Noi comprendiamo ciò che tu hai detto, ma teniamo salda la tua mano. Le tue parole sono vita eterna.” Così dovremo fare anche noi.

Omelia _ Domenica 15 Agosto 2021 _ Assunzione della Beata Vergine Maria

La nostra comunità parrocchiale in occasione della Solennità dell’Assunta ricorda Maria col titolo di Madonna dell’Aiuto. L’immagine che oggi vediamo in chiesa è collocata in una nicchia sotto il “voltone” del Suffragio. Nell’ archivio della Parrocchia ho trovato una lettera del 1979 indirizzata al Vescovo Mons. Bergonzini di don Vincenzo Zannoni. L’Arciprete chiedeva di ricevere in donazione una celletta collocata nella parte esterna della casa sita su Piazza Marconi 17 sulla quale era collocata una antica immagine della Madonna sotto il titolo dell’ “Aiuto”. Nel 1954 il 1° Novembre Pio XII compose una preghiera detta della “Madonna dell’Aiuto” che chiedeva soccorso a Maria nelle difficoltà quotidiane. La  nostra immagine è una copia, l’originale si trova nella cattedrale di Insbruch. La festa dell’Assunta è veramente grande, piena di gioia e di esultanza, possiamo dire di sentire la voce di Cristo che rivolge a Maria l’invito “Vieni e Alzati” e tale invito è rivolto anche a tutta l’umanità, Dio vuole ognuno di noi accanto a sé, tutto è attratto da Dio. Chiediamo sempre al Signore che perdoni le nostre colpe, Egli solo può farlo; ci rialzi dalle nostre cadute per contemplare la gloria di Maria accanto al suo amato Figlio. La preghiera della colletta chiede a Dio “di vivere in questo mondo con gli occhi rivolti ai beni eterni”; questo comporta che la nostra vita è comprensibile solo nella fede, la nostra storia quotidiana è un continuo cammino verso il Signore. L’esperienza di Maria è totalmente inserita in Dio ed è veramente la pienezza di ogni esperienza umana, in Lei tutto è unità e pienezza, non vi è parola o azione che in Lei trovi compimento se non in Dio. “La fede di Maria è dunque lo spazio aperto perché Dio entri nella storia e generi una nuova storia dentro la trama confusa degli avvenimenti della umanità”. Il segno di Maria è segno della fecondazione della fede nella storia, nella fede accoglie le parole dell’angelo Gabriele e conosce la maternità del figlio suo Gesù, nella fede sotto la croce, accoglie nel suo cuore non solo l’Apostolo Giovanni, ma anche tutta l’umanità. Il Vangelo di San Luca, nella Messa del giorno dell’Assunta, mostra la visita di Maria alla cugina Elisabetta; il viaggio riassume un movimento “fisico del camminare” ma anche spirituale. Il dialogo di Maria e di Elisabetta mostra la grande bontà di Dio, e la grande accoglienza della Parola nella loro vita. La promessa della salvezza operata da Dio attraverso i secoli è il Magnificat, ci racconta che è la salvezza, la vittoria del bene sul male, dell’amore sull’odio, del perdono e della vita sulla morte. È la “misericordia” che innalza, ricolma di beni e porta soccorso. Questa promessa sperimentata “di generazione in generazione” passa ora nei nostri cuori che si aprono ad incontrare i fratelli che con noi percorrono le strade della vita. “Aiutaci Maria ad avere fiducia nelle tue promesse… e mettere il nostro “sì” nelle tue mani”

Omelia _ 8 Agosto 2021 _ XIX domenica Tempo Ordinario

La preghiera che introduce alla liturgia della Parola ci dice che: “noi osiamo chiamare Dio  Padre Onnipotente solo se siamo guidati dallo Spirito Santo, e osiamo chiedere che faccia crescere nei nostri cuori lo spirito di figli adottivi”. Ricordiamo tutti la parabola del “figlio prodigo” del Vangelo di S. Luca come Dio, rappresentato dal padre, vada incontro al figlio e lo accolga di nuovo nella sua casa. La verità profonda su Dio è infatti che Egli è amore, che dona “ se stesso” e che è sempre pronto a perdonare. La verità sull’uomo è che Dio ci ha creati nel suo amore e ci conduce vicino a Lui perché possiamo trovare riposo vicino al suo cuore. S. Agostino nelle Confessioni dice: “L’uomo piccolo porto della Creazione desidera lodarti. Tu lo chiami in maniera tale che goda nel lodarti: perché ci hai creati per te e inquieto è il nostro cuore, finchè non riposa in te”. Noi siamo diventati “nuova creatura e figli adottivi di Dio nel sacramento del battesimo”, ricevendo da Dio il dono della fede. La prima lettura tratta dal primo libro dei Re illustra un episodio della vita del profeta Elia; il profeta deve sfuggire da Gezabele regina di Israele che lo aveva condannato a morte. Elia può salvarsi solo presso Dio e mentre ha perso ogni speranza è Dio che lo salva dando il pane che lo sosterrà nel cammino verso il Monte di Dio “l’Oreb”. “ Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti”. Elia aveva chiesto a Dio “Prendi la mia vita”, Dio prenderà Elia presso il Monte donando a lui una nuova missione “la salvezza del suo popolo”. Nel Vangelo di S. Giovanni nei primi versetti viene espressa la mormorazione di alcuni Giudei perché Gesù aveva detto: “Io sono il pane disceso dal cielo”. Come può dire: “ Sono disceso da cielo?”. Noi sappiamo chi è, conosciamo la sua famiglia. Viene “dalla terra”, da noi, non “dal cielo”. In questo ragionare vi è un inganno, si crede che per conoscere la realtà delle cose sia sufficiente affidarsi al solo orizzonte terreno e umano. Il Vangelo ci chiede di capire e scrutare anche la realtà che viene da Dio, Gesù è il Pane disceso dal cielo: “ I Giudei non ne sentono la fame, avevano la bocca del cuore malata; avevano orecchie aperte, ma erano sordi, vedevano ma erano ciechi. Questo pane richiede la fame dell’uomo interiore”. Gesù ci presenta un modo diverso di affrontare la vita, che però solo il Padre può attivare: “ nessuno viene a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato”. Preghiamo di essere attratti dal Signore perché è dalle radici del cuore che sorge la fede, dunque è solo col cuore che si crede in Dio. Non si va a Cristo camminando, ma credendo. Non si raggiunge Cristo spostandoci col corpo, ma con la libera decisione del cuore. Se saremo con Cristo comprenderemo che abbiamo bisogno di accogliere “il pane della vita, il pane vivo disceso dal cielo” che dona la forza di camminare e testimoniare l’amore di Dio anche nelle avversità.

Omelia _ 1 Agosto 2021 _ XVIII Domenica Tempo Ordinario

La preghiera di introduzione alle letture chiede a Dio Padre di “mostrare la sua continua benevolenza” e di “assistere il suo popolo che lo riconosce suo creatore e guida”. In che modo si rivela la benevolenza di Dio? È nella fede che ci è stata donata che noi riconosciamo il grande amore che ci è stato offerto; che una parola buona ci è stata rivolta e che, accogliendo questa Parola che è Gesù Cristo, noi abbiamo la vita e che lo Spirito Santo che ci trasforma, illumina il cammino per un futuro pieno di speranza e di gioia. La benevolenza di Dio per noi è la sua Rivelazione che ci porta alla comunione con Lui. La seconda affermazione è che noi riconosciamo Dio come nostro “creatore e guida”. Che meravigliosa certezza è sapere che la nostra vita non dipende dal caos o dalla causalità, ma da Dio Creatore. Dio può dire a ciascuno di noi che “prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto”. Siamo stati concepiti nel cuore di Dio e quindi “ciascuno di noi è voluto, è amato, ciascuno è necessario”. Queste parole sono il fondamento della nostra vita. La prima lettura tratta dal libro dell’Esodo ci mostra le difficoltà del popolo che salvato dalla schiavitù dell’Egitto è guidato da Mosè attraverso il deserto per giungere alla terra promessa da Dio. È nel deserto che sorgono le mormorazioni contro Mosè e Aronne, ricordando il benessere lasciato in Egitto: “essi sedevano presso le pentole di carne” si erano assuefatti alla sicurezza e al benessere. Il loro cuore si era indurito e avevano perso la capacità di ascoltare Dio attraverso Mosè. Nella sua bontà Dio dice a Mosè: “Ecco io farò piovere pane dal cielo per voi”. “Al tramonto mangerete carne e al mattino vi sazierete di pane”. Era il pane che Dio vi ha dato in cibo. Possiamo dire che in Dio vi è un grande mistero: la sua pazienza con Israele e il suo amore per esso. Il Vangelo di S. Giovanni ci mostra la folla che aveva assistito alla moltiplicazione dei pani e dei pesci alla ricerca di Gesù. Nel vederli Gesù esclama: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. S. Agostino al commento di questo brano dice: “La folla aveva cercato la carne non lo spirito, è difficile cercare Gesù per Gesù, ma sempre si ricercano le cose che ci soddisfano”. Gesù parte dal pane materiale, che sazia la fame del corpo, per arrivare al Pane, cibo di vita eterna che è Lui stesso. La folla che è accanto a Gesù non comprende il suo invito “datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna”. La folla chiede se vi è qualcosa da compiere per le opere di Dio per le opere di Dio. Gesù risponde che bisogna credere in Lui. Chi è disposto a credere nel Signore e vivere la esperienza della fede, non avrà più bisogno né di pane né di acqua perché l’amore di Dio sazierà. Anche noi sentiamoci accolti da Dio e dalla esperienza del suo amore misericordioso.

Omelia -25 Luglio XVII Tempo Ordinario

 S. GIACOMO APOSTOLO
Con la quarta domenica di luglio ricordiamo la 1° Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani voluta da Papa Francesco all’interno dell’anno della famiglia. La giornata coglie la testimonianza degli anziani Simeone ed Anna che presso il tempio di Gerusalemme seppero cogliere i segni dello Spirito Santo e avvicinarono la Santa Famiglia. Papa Francesco ci dice che “ancora oggi lo Spirito Santo suscita negli anziani pensieri e parole di saggezza” che si devono cogliere per il bene della comunità. L’orazione di “colletta” inizia con una bella affermazione: Dio nostra forza e nostra speranza, senza di te nulla esiste di valido e di santo. Quante volte abbiamo ripetuto questa affermazione: Dio è la forza del nostro cammino quotidiano, si prende cura di noi e con animo riconoscente cerchiamo di riconoscere i suoi segni di amore nella nostra vita quotidiana. Dio è speranza della vita e può essere trovato da coloro che lo cercano con cuore sincero. Quante volte penso alla ricerca dei Magi che guidati dalla stella vanno fino a Betlemme, alla loro gioia nell’incontro con Gesù. Chi si mette in cammino verso il bene già si avvicina al Signore ed è sorretto dal suo aiuto. cosa chiediamo a Dio: “di effondere su di noi la sua misericordia.” Molte volte abbiamo ascoltato e trovato nella scrittura il termine “Misericordia”, questa è il cuore del messaggio di Gesù: Dio è un Dio pietoso e misericordioso e nel Nuovo Testamento lo chiamiamo Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione. Avremo anche noi misericordia se poniamo il nostro cuore vicino all’uomo che è nel bisogno come Dio ha posto il suo accanto al nostro. La liturgia della Parola presenta nella prima lettura tratta dal libro dei Re l’episodio della moltiplicazione di “venti pani di orzo e di grano” operata da Dio attraverso il suo servo Eliseo. Il profeta dice al suo servo: “da’ da mangiare alla gente, perché così dice il Signore: ne mangeranno e ne faranno avanzare”, così avviene secondo la Parola del Signore. Anche il Vangelo di S. Giovanni ci presenta la moltiplicazione dei pani e dei pesci, il nostro Dio è il Dio della abbondanza, non ha misure, non ama il calcolo e la parsimonia: è il Dio della generosità e della tenerezza, è all’opposto di Filippo che pensa con spavento dove andare a comprare il pane per un numero così elevato di persone. Gesù sa già cosa sta per compiere, ma interpella anche Andrea che non parla di comprare, ma presenta a Gesù un ragazzo che in una cesta ha cinque pani e due pesci. Gesù chiede agli apostoli di far sedere la folla e prendendo il pane e i pesci rese grazie e li diede a quelli che erano seduti: erano circa cinquemila uomini. Anche S. Giovanni ci dice che dei pani raccolti riempirono dodici canestri; erano i pezzi avanzati a coloro che avevano mangiato. I due testi ci insegnano di fidarci di Dio in ogni momento senza aver paura di essere soli, Gesù è sempre con noi.

Omelia_18 Luglio _ XVI Domenica del Tempo Ordinario

La preghiera che introduce la liturgia della Parola chiede che “Dio sia propizio verso i suoi fedeli” e possa donare “in abbondanza i tesori della sua grazia” perché “ ardenti di fede, speranza e carità si possano custodire i comandamenti”. Cosa significa che “Dio deve essere propizio? Nella lettera ai Romani S. Paolo dice: “Dio ha esposto Gesù strumento di propiziazione in virtù del proprio sangue” S. Paolo ci indica che Gesù è lo strumento di salvezza che Dio Padre ha donato agli uomini e noi chiedendo che Dio ci salvi, non facciamo altro che chiedere la presenza del Signore nella nostra vita. Nell’evangelista S. Matteo il termine viene usato da Pietro rivolto a Gesù che gli rivelava la sua passione: “Dio te ne scampi, o non ti accada ciò che dici, ma ti doni la salvezza” Pietro non aveva compreso l’opera salvifica di Dio, e come attraverso la croce Gesù doni la vita agli uomini. Il nostro vero tesoro è il Regno di Dio, i tesori sono i doni della Grazia che Dio elargisce ogni giorno. La nostra risposta ad un Dio che è misericordia è l’ardore del cuore che aderisce alla fede, alla speranza e alla carità. Pensando ai brani della scrittura che usano il termine ardere in senso metaforico come possiamo non ricordare i “discepoli di Emmaus”. Il nostro cuore non era “forse ardente dentro di noi” questo era avvenuto per aver ascoltato le parole del Risorto. Anche noi accostiamoci alla liturgia della Santa Messa col cuore pieno di gioia perché stiamo incontrando il Signore. La prima lettura è tratta dal libro del profeta Geremia, Dio annuncia al profeta che sarà: Lui stesso a riunire le pecore disperse di Israele, potranno tornare ai loro pascoli e non dovranno temere perché sarà Dio il buon pastore che custodisce il gregge. Nella seconda parte della lettura vi è la grande promessa del Messia: “ susciterò a Davide un germoglio giusto…..e lo chiameranno con questo nome Signore nostra giustizia”. Le profezie dell’Antico Testamento troveranno compimento i Gesù nato da Maria e Spirito Santo, sarà il Dio con noi, il Lui troveremo la salvezza. Il Vangelo di S. Marco presenta gli apostoli che dopo la loro missione, tornano da Gesù e raccontano “tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato”. È già sera, ma sono ugualmente desiderosi di comunicare come avevano annunciato la buona novella alle persone incontrate lungo la via, come avevano vissuto “il regno di Dio”. Gesù disse loro: “venite in disparte, noi soli, in un luogo deserto e riposatevi un po’”. Le parole di Gesù sollecitano un momento di silenzio, di ascolto e di rinfrancarsi accanto a Dio. Prendono la barca, si dirigono verso un luogo deserto, ma molti intuirono la loro direzione e “da tutte le città accorsero a piedi precedendoli”. Gesù scendendo dalla barca vide “una grande folla, ne ebbe compassione, perché erano come pecore senza pastore”. Gesù mostra la grande misericordia di Dio verso gli uomini e chiede a noi di accostarci al suo gregge, con il nostro cuore vicino ai poveri, ai bisognosi, di avere sempre il cuore aperto verso chi è nella povertà. S. Caterina da Siena diceva che la nostra stanchezza si superava stando con Gesù “Non c’è amore più grande di chi dà la vita per la persona che ama. Oh Spirito Santo vieni nel mio cuore riscaldalo! Infiammalo!”

Omelia_11 Luglio_ XV Domenica Tempo Ordinario – S. Benedetto Patrono D’Europa

Una parola per conoscere meglio S. Benedetto che S. Paolo VI il 24 ottobre ha dichiarato patrono di tutta l’Europa. Benedetto nacque a Norcia nel 480; educato a Roma fu attratto dalla vita eremitica e si ritirò nella regione di Subiaco, dove si riunirono a lui alcuni discepoli. Da Subiaco passò a Cassino ove fondò il celebre monastero e in quel luogo scrisse la regola per la vita monastica. L’aspetto centrale della Regola è l’ascolto  della Parola del Signore, questo ascolto deve avvenire ogni giorno “chi ha orecchi ascolti ciò che lo spirito dice alle chiese”. Per S. Benedetto “nulla dobbiamo anteporre a Cristo e così egli in compenso ci condurrà alla vita eterna”. La prima lettura è tratta dal Profeta Amos e nella sua prima parte ci parla della predicazione del profeta al Santuario di Betel. (casa di Dio) Il re di Samaria aveva richiesto che in questo santuario, per distogliere dal popolo il culto dell’unico Dio, che era a Gerusalemme, fosse posto un vitello d’oro come già era accaduto nella pianura del Sinai, portando il popolo al peccato e all’idolatria. Amos chiede la conversione e il ritorno all’amore di Dio. Il sacerdote di Betel Amasia chiede ad Amos di allontanarsi dal santuario reale e di ritornare nel paese di Giuda. La risposta di Amos è semplice: “Non ero profeta, né figlio di profeti, ero un pastore, il Signore mi prese e mi disse di profetizzare in Israele”. Amos ci fa conoscere come è avvenuta, come ha avuto origine la sua Missione; è Dio che sceglie la persona, è Dio stesso che invia ad essere profeta nel suo popolo. Tutto parte da Dio, Amos ha ascoltato, ha avuto fede, ha dato inizio alla missione a cui Dio lo manda. La lettera agli Efesini che abbiamo ascoltato ci dice che Dio  “ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi, immacolati di fronte a Lui nella carità, figli adottivi mediante Gesù Cristo”. Per S. Paolo il nostro compito è porci nell’ascolto e nell’adesione obbediente a Dio e fare nuove tutte le cose in Cristo vivendo come Gesù. Ricordiamo “chi crede non è mai solo, perché la fede tende a diffondersi, ad invitare altri alla sua gioia”. “La fede è potenza di Dio” la fede è lo scudo del credente. Il vangelo di S. Marco ci presenta la “missione dei dodici”. Gesù è stato a Nazaret, tra la sua gente e questo segna uno spartiacque nella sua predicazione. Rifiutato “dai nuovi” che si scandalizzavano di Lui, inizia a percorrere i villaggi della Galilea condividendo con i discepoli la sua attività di annuncio del Regno. I discepoli vivono col Signore, lo sentono parlare, condividono la sua giornata, insegna loro a pregare, dona loro il coraggio nel momento dello sconforto, li tranquillizza, li prepara alla persecuzione, li invia a servire la causa del Signore. Quali sono i suggerimenti che dona ai discepoli: non prendere che un bastone, calzare i sandali, portare un mantello, niente altro; devono avere fiducia in Dio senza nessuna sicurezza economica, dipenderanno dalla totale fiducia nella ospitalità locale. “Ed essi partiti proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano i demoni, guarivano gli infermi”. S. Marco ci vuole insegnare che l’Apostolo è l’inviato, non parla da sé, ma trae il suo dire da Gesù, egli è ricolmo di Cristo e la sua vita è del Signore. Questa è la nostra missione.

Omelia_4 Luglio_ XIV Domenica Tempo Ordinario

La nostra comunità parrocchiale nella prima domenica di luglio ringrazia la Beata Vergine delle Grazie che nel 1622 liberò la comunità e il territorio di Brisighella dalla peste. (si celebra il voto) Lo storico Metelli così si esprime: “A poco a poco tornò la quiete e la sicurità negli animi, rimase squallida e deserta la valle e la terra”. Rinnoviamo un ringraziamento alla Vergine Maria, chiedendo la sua protezione per ogni nostra necessità materiale e spirituale. Nella preghiera introduttiva della liturgia della Parola chiediamo a Dio Padre il “dono di una gioia santa perché liberati dalla schiavitù del peccato godiamo la felicità eterna”. In questa preghiera vi è un preciso riferimento escatologico, sta per venire il giudice e si deve rendere conto delle nostre colpe; tante volte il nostro cuore ci accusa di una moltitudine di peccati, il libro dei Proverbi ci dice che “sette volte al giorno cade il giusto”. Ci rimane una sola cosa: la gioia santa che è data da un amore reciproco. “L’amore di Dio copre una moltitudine di peccati”. L’amore è il comandamento nuovo, l’amore è la realtà più grande, l’amore è il precetto riassuntivo di tutta la legge, l’amore è il dono che, posseduto, fa possedere tutto, fa entrare nella eternità della vita. La prima lettera è tratta dal libro del profeta Ezechiele: il profeta vede la gloria di Dio apparire come “fuoco” ed era circondata  “da uno splendore”, si prostra a terra e ascolta la voce di Dio. È come la teofania vissuta da Mosè sul Monte Sinai “ Dio parla”, il profeta ascolta ed è mandato agli Israeliti perché attraverso la conversione del loro cuore possano ritornare a Dio. Il popolo è in schiavitù, solo con l’aiuto di Dio potrà ritornare ad essere libero. Ezechiele sarà la Sentinella di Dio, in mezzo al popolo e parlerà a nome di Dio ad Israele. Grazie all’intervento di Mosè il popolo fu avviato alla terra promessa, grazie ad Ezechiele il popolo si preparerà a rientrare nella città di Gerusalemme e nella terra di Israele. Il Vangelo di San Marco chiude il cielo di miracoli di Gesù nella sua terra natia, Gesù entra nella sinagoga di Nazaret e non solo ascolta la parola di Dio, ma commenta la parola proclamata. Gli abitanti di Nazaret sono stupiti per la sapienza del loro concittadino Gesù e continuano ad interrogarsi sulle origini del Signore. Ai loro occhi non poteva essere il Messia, sapevano chi era e non si sarebbero lasciati impressionare da un modesto carpentiere che si presentava come “maestro”, si vergognano di lui, non gli credono. La riflessione per noi può essere utile se guardiamo e ascoltiamo il pensiero di un filosofo del 1600 Pascal che ha evidenziato i passaggi necessari per riconoscere quel che è veramente grande. 1) Accanto all’ordine della materia sta l’ordine dello spirito, ma il minimo degli spiriti è il più grande del cosmo. 2) Sopra l’ordine dello spirito sta l’ordine dell’amore divino 3) solo se giungiamo alle profondità della piccolezza giungiamo alla profondità divina che si manifesta nella Croce di Gesù. L’assoluta grandezza si riconosce nell’infinitamente piccolo. Gli abitanti di Nazaret non avevano scoperto Dio nella carne umana di Gesù e nella sua vita di ogni giorno con Giuseppe e Maria. Impariamo a discendere nella profondità della realtà, divenendo così capaci di vedere la grandezza di Dio e di parlarne agli altri.