Collegiata di San Michele

La vecchia Collegiata e storia orale del primo luogo di culto

La prima memoria della Comunità di San Michele (San Michelis di Gisso) si ha in un atto del 1301.
Rettore della chiesa di questo piccolo centro religioso è un prete di nome Claro che paga le decime per la guerra dei Vespri siciliani.
Mons. Giuseppe Rossini, noto studioso, ritiene però che la chiesa di Brisighella fosse già esistente nel secolo precedente. Dove si trovasse questo primo luogo di culto non è di facile identificazione.
Si suppone, attraverso memorie orali, che esso fosse ubicato in un angolo di Via Trebbo o Trebbio, nei pressi di un arco ancora oggi visibile, che si trova vicino alle scalinate di accesso all’attuale Rocca.

Sappiamo che fino al 1400 non si trovano memorie scritte della chiesa di San Michele Arcangelo di Brisighella.
Lo storico Carroli rileva che la notizia più antica dell’esistenza della chiesa parrocchiale di San Michele porta la data del 17 ottobre 1404 quando il Vescovo di Faenza, Nicolò Ubertini, nominò parroco della chiesa di San Michele in Gesso il sacerdote Milliano da Tebano.
Condividendo l’idea del Carroli che la chiesa di San Michele in Gesso avesse origini anteriori al 1400 e che questa sede fosse ubicata nei pressi di via Trebbio, siamo a conoscenza certa che dopo l’allargamento del centro abitato di Brisighella, ad opera dei Manfredi, Conti della Val d’Amone, la chiesa parrocchiale sorgeva dove oggi si trova l’edificio di culto indicato dai brisighellesi come “il Suffragio”.
La chiesa “pur piccola e angusta” conteneva un elevato numero di altari (undici). Supponendo che la primitiva parrocchiale avesse le stesse peculiarità architettoniche di altri edifici di culto esistenti nella Val d’Amone (Casale Pistrino, San Martino in Gattara…) essa doveva essere ad una sola navata e gli altari (escluso quello centrale) si trovavano collocati in piccole cappelle una accanto all’altra nel senso della lunghezza e separate da un muro di minimo spessore, retto da pilastrini.

La nuova Collegiata di S.Michele Arcangelo

Dal libro dei partiti del 1600 si apprende che Mons. Recuperati si assunse responsabilità di essere il portavoce del desiderio di molti brisighellesi, affinché si provvedesse alla costruzione di una nuova chiesa parrocchiale, poiché la vecchia non era più in grado di contenere i fedeli e le sue condizioni edilizie non risultavano più floride.

I governatori di Brisighella del tempo aderirono di buon grado alla richiesta e a nome della comunità ordinarono al loro rappresentante a Roma, Alfonso Battaglini, di seguire le pratiche richieste, in più si affidarono al loro illustre concittadino Mons. Giovanni Andrea Calegari (1545-1613), Vescovo di Bertinoro, molto apprezzato e stimato nella Curia Romana.

Intanto a Brisighella la comunità agiva come se già il decreto di erezione di una nuova chiesa fosse già avvenuto.
Il Magistrato, infatti, aveva riunito il Consiglio della Valle proponendo che si erogassero 200 scudi ogni anno per il mantenimento del collegio dei canonici, i consiglieri però non furono tutti dell’avviso di estrarre ogni anno dalla Cassa della Comunità una così forte somma perché ciò avrebbe recato più danno che vantaggio alla popolazione.

Il 29 gennaio 1601 il nuovo papa Clemente VIII firmò la “ Bolla di Erezione “, ma reputò necessario nominare una commissione che verificasse l’esistenza delle condizioni richieste.
A presidiare tale commissione fu chiamato Mons. Calegari.
Egli iniziò un lungo e complesso lavoro, convocò a Bertinoro i più influenti ed anziani cittadini di Brisighella, in modo da verificare l’esattezza dei titoli vantati nella supplica e l’assicurazione degli impegni finanziari.
Dopo oltre due anni si ebbe la sentenza definitiva, esattamente il 7 luglio 1603. Questo ritardo è in parte dovuto all’opposizione del Vescovo di Faenza, Mons. Grassi, che non vedeva di buon occhio l’iniziativa dei brisighellesi.
Alla morte del Grassi, avvenuta nel 1603, gli successe Giovanni Francesco I, il quale, a differenza del predecessore, agì favore dei cittadini di Brisighella, inviando a Roma una lettera con la necessaria autorizzazione.

Le bolle emanate da Clemente VIII

Nel nostro archivio capitolare si conservano ancora le due bolle di erezione.
La prima, di 30 pagine membranacee scritte in gotico con qualche maiuscola arabescata, datata 29 gennaio 1601, è indirizzata, essendo assente il Vescovo della Diocesi di Faenza, al suo Vicario Generale.
Porta inoltre il sigillo in piombo al diritto del quale sono effigiati i santi Pietro e Paolo con le facce rivolte al centro dove trovasi una croce latina; sul rovescio il nome del pontefice: Clemens Papa VIII.
Ne esiste poi una seconda che porta la data del giorno 11 aprile 1602. Essa è molto più breve della precedente ed è indirizzata al Vescovo Mons. Calegari. In essa sono elencati tutti i privilegi che sono concessi ai canonici della istituenda Collegiata.

Il testo delle due pergamene può essere sintetizzato quanto segue.

Il Papa Clemente VIII, visto le molteplici istanze delle autorità locali appoggiate da eminenti prelati di curia e di origine brisighellese, considerata la profonda fede religiosa “ Universitatis et Hominum terrae Bri.llae ac Vallis Hamonis “ eleva la parrocchia di Brisighella a Collegiata.
Il capitolo di Brisighella avrebbe dovuto essere formato da un Preposto, un Arciprete e da “ novem canonicatus quorum sex sint liberae collationis, et alii tres de jure patronato “ (nove canonicati di cui sei di libera collocazione e tre di juspatronato, cioè sostenuti da lasciti di grandi famiglie brisighellesi).
Viste poi che le rendite della chiesa parrocchiale non sarebbero state sufficienti a mantenere i 6 canonici di libera collocazione, il Papa stabilì di unire i beni della chiesa di San Giovanni Battista in Ottavo (del Tho) e del cosiddetto legato di “ San Leonardo “ che consisteva in un podere collocato nella Scala di Montecchio di 40 tornature (vecchia unità di misura corrispondente all’area che una coppia di buoi riesce ad arare in giornata e differente tra comune e comune, nel comune di Faenza corrisponde a 2301,80 mq. In questo caso abbiamo all’incirca 9 ettari) con casa.
Unita al podere vi era un piccolo oratorio (Chiesina) dedicata a San Leonardo con una tela che rappresentava il santo.
Per quanto concerne la Pieve del Tho veniva istituita una Vicaria perpetua sotto il juspatronato del Capitolo al quale erano concessi i diritti di nomina del Vicario. I canonici di Brisighella erano però obbligati a versare a titolo di congrua 100 scudi in due rate: una per Natale e l’altra il 24 giugno, per San Giovanni Battista.

Il reddito dei beni incamerati dal capitolo doveva essere così distribuito: al preposto spettava il doppio e all’Arciprete una volta e mezzo la congrua dei canonici.
I tre canonicati di juspatronato erano riservati a Paolo Recuperati, Natale Rondinini e i fratelli Orazio e Paolo Spada. Questi signori avrebbero dovuto versare subito 240 scudi così ripartiti: 100 i Recuperati, 80 i Rondini e 60 i fratelli Spada. Inoltre erano tenuti in obbligo di versare l’offerta per la celebrazione di un certo numero di messe annuali e alla donazione di beni immobili da cui trarre in perpetuo il reddito necessario.

Cronaca dei festeggiamenti per l’erezione della nuova Collegiata

Tre furono le giornate dedicate ai festeggiamenti.

Nella prima (11 luglio) si attese il Commissario che nel tardo pomeriggio si incontrò coi governatori. La sera tutta la terra del capoluogo era illuminata da falò. Nel palazzo della Comunità e nella sagrestia della chiesa parrocchiale c’era grande animazione. Il magistrato pontificio e i 12 governatori attendevano il Commissario Calegari.
Ormai vicini al mezzogiorno, col paese affollato di gente festante, le campane di tutte le chiese suonarono a festa, mentre dalla rocca si sparava a salve. Era l’annuncio che il latore della Bolla Pontificia stava per arrivare.
Il corteo era composto da 6 cocchi scortati dalla gioventù più ricca della Valle.
A porta Gabolo il Magistrato porgeva un indirizzo di saluto a Mons. Calegari, latore della Bolla di erezione.
Mons. Calegari scendeva dal cocchio e con le autorità si recava in San Michele passando fra la folla acclamante che faceva ala. Tutto il Clero lo accoglieva sul sagrato e poi venne accompagnato all’altare maggiore dove assistette alla messa officiata dal parroco del tempo, Don Pietro Magrini.
Poi raggiungeva la casa del nipote Domenico Orselli per ristoro e riposo. Nel pomeriggio ricevette sia il Magistrato che i 12 Governatori. Venne poi mandato a chiamare il parroco Don Pietro e, il Prelato, per la facoltà concessagli lo nominò subito Arciprete di Brisighella. Consegnò poi la Bolla ai Governatori che avrebbero dovuto conservare fino all’insediamento del Capitolo dei canonici.
La sera la festa raggiunse il suo apice: lumi ad olio a tutte le finestre. Nella piazza “politica” (oggi Piazza Marconi) una grande falò illuminava il luogo e la gente ballava, cantava e conversava felice.

Arrivò intanto la domenica e si giunse al giorno di maggiore solennità. Il paese brulicava di gente accorsa da tutta la Valle. I governatori si portarono all’alloggio di Mons. Calegari e lo accompagnarono alla chiesa parrocchiale dove celebrò un solenne pontificale e i vari riti connessi con l’erezione della parrocchiale a Collegiata.

Insediamento e brevi cenni storici

Il 24 marzo 1604 il Capitolo fu insediato ufficialmente.
Il collegio dei Canonici venne sciolto nel 1797. Riprese la sua attività nel 1800, pur ridotta di molto, fino al 1815. Il capitolo della Collegiata di San Michele ha continuato ad esistere fino al 1915, quando anche i due Canonici coadiutori vennero a sparire e il preposto era di età molto avanzata.

Quando Napoleone fini a Sant’Elena, prigioniero degli inglesi, il Capitolo riprese appieno la sua attività ed anzi ebbe un ulteriore rinvigorimento. In una nota dell’anno 1823 è scritto che i Canonici della Collegiata erano 14: 8 di libera collazione e 6 di juspatronato (Spada, Monti, Montuschi, Naldi, Cattani e Recuperati).

Dobbiamo giungere alle leggi dello stato italiano (1866). Il sagrista maggiore Can.co Pasquali Frontali ricevette un’ingiunzione di recarsi presso l’Ufficiale del Registro che avrebbe dovuto procedere all’incameramento di beni appartenenti alla sagrestia della Collegiata.
I Canonici erano consapevoli che quella era la legge del nuovo Stato Italiano e nello stesso tempo erano legati al giuramento di mantenere intatti i beni a loro affidati. Deliberarono, perciò, di rimanere passivi verso la rinuncia cui erano stati costretti a sottostare. La fine dei beni dei Canonici di libera collazione portò al termine una istituzione che era stata benemerita nel tempo della nostra Collegiata. Si arrivò così che i Canonici di libera collazione e di juspatronato vennero sostituiti alla loro morte da altri con solo il titolo onorario.

L’Arciprete Mons. Antonio Casanova tentò, invano, di evitare la fine di questa nobile istituzione proponendo una riforma del Capitolo. Il Casanova scrisse al Papa Pio X in data 11 febbraio 1904 proponendo che fossero nominati 2 Canonici coadiutori con l’onere della cura delle anime e la dispensa del servizio del coro.  La richiesta venne accolta e fu resa operante da un rescritto Vescovile in data 1 gennaio 1905.
I primi due Canonici coadiutori furono don Edoardo Piancastelli e don Giulio Argnani, essi presero possesso della loro nuova dignità il 31 ottobre 1905 per mano di Mons. Michele Lega.

Tratto da ricerca effettuata dal prof. Piero Malpezzi nel novembre 1998, Brisighella