Omelia _ 26 Dicembre _ Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

Abbiamo celebrato ieri la festa del Santo Natale e la liturgia di oggi ci invita a guardare alla Santa Famiglia. È la festa degli sposi e della famiglia tutta che gioisce dell’amore donato da Dio Padre, e che sa amare con attenzione fedele confortandosi a vicenda. Si è concluso l’8 dicembre , festa dell’Immacolata, l’anno dedicato a San Giuseppe da Papa Francesco. “Egli è l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un sostegno, una guida nei momenti di difficoltà, è Colui che ha fatto della sua vita un servizio, un sacrificio, al mistero dell’incarnazione e della missione redentrice”. La prima lettura è tratta dal primo libro di Samuele e ci insegna una grande realtà: il desiderio di avere figli per essere collaboratori del disegno di Dio nella storia della salvezza. Elcana e Anna non solo desiderano il figlio Samuele per allietare la loro vita, ma il figlio desiderato sarà colui che segna una svolta nella storia del popolo di Dio; prepara il regno, prepara Davide a diventare Re di Israele seguendo il volere di Dio. Anna consacra a Dio il figlio Samuele perché lo ha avuto da Dio e intende riconsegnarglielo. Papa Francesco nel documento su San Giuseppe ci dice che “la paternità e maternità non sono mai un esercizio di possesso, ma segno che rinvia ad una paternità più alta, i genitori sono ombra dell’unico Padre celeste”. Il brano del Vangelo ci propone “Gesù tra i dottori del tempio”. La ricerca affannosa di Maria e Giuseppe si trasforma in angoscia, Gesù ha celebrato con tutti i parenti, nel tempio il rito ebraico di “maggior età”; è l’inizio di un tempo nuovo per la Santa Famiglia. Gesù inizia un nuovo processo interiore che lo pone sempre più in ascolto del Padre e della missione di salvezza per l’umanità, il dono di Dio non può essere ristretto ai soli legami della famiglia e a Maria che, dopo averlo trovato, prospetta la sua angoscia Gesù risponde: “Perché mi cercavate? Non sapete che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” Il Vangelo ci dice che Maria e Giuseppe non compresero le parole di Gesù, l’esercizio della paternità e maternità ispirate alla fede costringe a scendere ancor più nel profondo del proprio cuore ove risiede il progetto di Dio. Il dono di quel figlio non può essere circoscritto ai legami familiari, è un esodo da se stessi per riconoscere la volontà di Dio. La famiglia di Nazaret ci chiede questo: “genitori e figli devono prima di tutto la loro obbedienza a Dio, alla sua legge, a quello che insieme possiamo conoscere dal Vangelo”. Preghiamo il Padre che ci ispiri una missione della vita cristiana familiare secondo i suoi desideri e che possiamo vivere il cammino della nostra vita familiare conforme al Vangelo.

Omelia_25 dicembre _ Natale del Signore

MESSA DEL GIORNO

In questo giorno celebriamo la terza Eucarestia del Natale, è sempre la preghiera della Colletta che ci introduce alla liturgia della Parola. Chiediamo a Dio Padre di “condividere la vita divina del Figlio Suo” perché siamo entrati in una vita nuova grazie “alla sua redenzione”. Per comprendere meglio ciò che attraverso la liturgia chiediamo è bene ritornare al gesto eucaristico dell’offertorio, noi poniamo qualche goccia d’acqua nel vino e questo ci dice che può far diventare tutto una cosa sola. La goccia dell’acqua è l’uomo che diventa una sola realtà con Dio. L’uomo povero essere è assunto dalla divinità, l’uomo sta nel cuore di Dio. Cosa apprendiamo del Natale? Che è in primo luogo una festa di gioia per la creazione, è festa del ringraziamento per la creazione tutta. “Dio ci ha mirabilmente creati” solo così ogni uomo può essere redento, solo perché è creato può assumere tutto l’universo, il messaggio della redenzione ci dice che noi tutti possiamo aprirci a Cristo, riscoprire la sua bellezza e riempirci della sua speranza. Il Signore si è rivolto a noi, Egli ci vuole bene, Egli si consegna a noi diventando un bambino. Questo bambino ricordiamo che è: “irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza” anche noi allora raggiungiamo i pastori nella grotta di Betlemme per adorarlo. La prima lettura tratta dal profeta Isaia ci dona l’annuncio di liberazione operata da Dio verso Israele. “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annuncia la salvezza che dice a Sion “Regna il tuo Dio”. Dio non è stato accantonato, riprende la piena regalità su Gerusalemme. Le sentinelle della città sentendo la voce del messaggero si mettono a cantare insieme la gloria del Signore. Le sentinelle hanno visto “con i loro occhi il Signore che torna a Gerusalemme”. Nel giorno Natalizio anche noi vediamo il Figlio di Dio fatto carne, è il Dio che regna su di noi, tutti lo vedranno con i loro occhi. Il Signore “Illumini gli occhi del nostro cuore, così comprenderemo meglio il suo Natale”. Il Vangelo di S. Giovanni ci dice che per mezzo di Gesù “Verbo del Padre tutte le cose sono state fatte” e senza di Lui neppure una delle cose create hanno consistenza. “Al di fuori di Cristo le cose non esistono sono pura apparenza, hanno un’unica finalità: donare gloria al Signore e prendere esistenza da Lui”. S. Giovanni ci ripete che dobbiamo accogliere Gesù che è nato per ricevere dalla sua pienezza grazia su grazia e dare al Signore la possibilità di porre la sua dimora in noi, di viverlo non solo come persone singole, ma come comunità, ciascuno per l’altro in una solidarietà piena e completamente rinnovata nel Signore. La luce di Betlemme illumini per sempre i nostri cuori.

Omelia _ 24 dicembre _ Natale del Signore

MESSA DELLA NOTTE

Ringraziamo Dio Padre che nella sua bontà ci ha riuniti questa notte a celebrare la nascita del Figlio Suo Gesù nato da Maria Vergine (con accanto Giuseppe). La colletta ci porta a ringraziare Dio perché nella fede contempliamo Gesù vera luce del mondo e ci proietta a partecipare alla sua gloria nel cielo. La prima lettura che abbiamo ascoltato è tratta dal libro del Profeta Isaia e ci dice: “ Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”. Così il profeta presenta il mistero dell’apparizione della di Dio tra gli uomini e così noi tutti presentiamo il mistero del Natale nel giorno della sua celebrazione: luce tra le tenebre, luce che rifulge in terra tenebrosa. La liturgia del Natale proclama che la luce è quella di Dio che rifulge nelle tenebre del peccato e ogni uomo può ritrovare se stesso, conoscere il suo futuro e conoscere Dio. La ragione di questo farsi luminosi è il venire di Dio in mezzo a noi. “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”. Il bambino che nascerà non è solo per qualcuno, per suo padre, per sua madre, ma è per ciascuno di noi, per tutti noi. Il mistero che il profeta annuncia è il Mistero dell’Amore di Dio per gli uomini, che opera la salvezza per tutti attraverso questa via così piccola, così umiliata, che nessuno si accorge della sua venuta, si tratta però della grazia di Dio che salva ognuno di noi. Dio scende tra gli uomini perché l’umanità salga a Dio. Il Vangelo di S. Luca inizia la narrazione della nascita di Gesù con le parole “fu emanato un editto di Cesare Augusto per il censimento di tutto l’impero e tutti andavano a farsi iscrivere ciascuno nella propria città”. Questo decreto fa muovere Giuseppe e Maria dalla Galilea alla Giudea per andare a Betlemme città di Davide a farsi registrare. Giuseppe si sposta da Nazaret per ordine dell’imperatore, ma se guardiamo bene sono le Scritture che portano la famiglia di Giuseppe a Betlemme: lì dove doveva nascere il Messia. Questo bambino doveva solo ubbidire, ma con la sua obbedienza salva gli uomini realizzando le scritture. In questa coincidenza del viaggio per Maria si compiono i giorni del parto e “diede alla luce il figlio suo primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia”. La nascita di Gesù è celata dalla notte, nessuno si sarebbe accorto dell’evento accaduto se non fossero gli Angeli ad esaltare Dio e comunicare ai pastori la sua nascita. “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato su una mangiatoia”. I pastori possono vedere il viso di Dio e adorarlo. Anche noi che abbiamo vissuto questa sera gli eventi della nascita di Gesù dobbiamo entrare nel momento dell’adorazione e comprendere che tutto è reso presente nell’eucarestia che celebriamo. Ci dia il Signore in questo Natale di crescere nella fede, nella speranza e nella carità verso i fratelli. Per fede riconosciamo sempre di più in Lui, Gesù uomo figlio di Maria, unico Figlio di Dio. Per speranza lo attendiamo nel suo glorioso ritorno così come lo abbiamo atteso nel suo natale. Per la crescita nella carità impariamo a dirgli il nostro grazie e offrirgli per amore la nostra vita. Consegnandoci a Gesù con amore, noi realizzeremo il Natale di Gesù Salvatore.

 

BUON APPETITO

E accade così che un giorno un ristoratore del nostro comune ci fa una proposta “posso offrire un pranzo a chi ha bisogno?” … accettiamo … e la proposta diventa d’asporto per la sicurezza di tutti.

GRAZIE per averci donato questo cibo frutto del tuo lavoro, non era solo cibo pronto…ma hai donato “aria di famiglia”.

 

Omelia_Domenica 19 dicembre – IV di Avvento

Con questa IV° domenica di avvento siamo arrivati al termine del nostro cammino verso la festa della Natività del Signore. In questo percorso siamo stati guidati da S. Giovanni Battista il Precursore, il grande predicatore della penitenza e della conversione, l’ultimo dei profeti, il cui dito mostra il Salvatore, tanto desiderato dai discepoli. Giovanni ogni anno ci invita alla conversione, ci guida verso il Signore che è in mezzo a noi, mentre noi, come dice il prologo del Vangelo di S. Giovanni “non lo conosciamo”. La prima lettura è tratta dal profeta Michea: “E tu Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore di Israele”. La profezia è orientata a tempi lontani, ma riguarda il Salvatore. Il Vangelo di S. Matteo riprende questa profezia quando i Magi a Gerusalemme domandavano: “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto la sua stella e siamo venuti per adorarlo”. Il re Erode riuniti i sacerdoti e gli scribi trovò la risposta, fu citato il profeta Michea al versetto che abbiamo ascoltato nella prima lettura. Dio manda il Salvatore e Israele ritornerà a Lui, Egli sarà pastore per Israele, Egli sarà la pace. Quello che viviamo è il momento dell’attesa. San Giovanni è il grande predicatore dell’avvento, ma la liturgia di oggi ci affida “alla maternità della Madre di Dio. Maria è l’avvento in persona. Il sì di Maria è il momento nel quale l’Antico Testamento diventa Nuovo, questo sì è la porta per la quale Dio entra nel Mondo. Cosa ci insegna Maria per il cammino della nostra vita? Le parole dette da Elisabetta sono centrali per la vita di Maria: “Beata colei che ha creduto”. Maria ha creduto senza riserve alla Parola di Dio trasmessa dall’Arcangelo Gabriele. Ella è la piena di grazia che vuol dire: la tua vita è inondata dall’amore della carità. Maria può credere perché ama. La fede è completa solo se diventa obbedienza concreta al mandato di Dio. La lettera agli Ebrei ci dice riferito a Cristo come la sua obbedienza sia stata completa: “ecco io vengo, per fare o Dio, la tua volontà”. Noi siamo santificarti “per mezzo dell’offerta del Corpo di Gesù”. Il Vangelo di oggi ci dice: “Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa in una città di Giuda”. La fede deve essere comunicata. La fede è dinamica, ci mette in movimento verso gli altri. Ognuno deve testimoniare con la sua vita la fede che ha ricevuto e la fede umile e perseverante è un faro la cui luce parla con forza, anche dove la parola non arriva. Il sì di Maria è nato da una vita di preghiera, da una vita vissuta sotto gli occhi di Dio. Il segno di Maria apre, anche oggi, le porte del Salvatore. Seguiamola e preghiamo dicendo con la preghiera dopo la comunione: “quanto più si avvicina il giorno della nostra salvezza, tanto più cresce il nostro fervore, oh Signore.”

DIAMO VOCE AL NATALE

I bambini del catechismo, invitano le famiglie a partecipare Martedì 21 ore 20,30 a un momento di gioia condivisa, visto l’avvicinarsi del natale.

La partecipazione prevede il rispetto delle normativa contro la diffusione del covid-19

 

 

Omelia _ 12 Dicembre _ Terza Domenica di Avvento

La terza domenica di Avvento è caratterizzata dai termini “Rallegrati” “Esulta” “Grida di gioia” che risuonano nella prima lettura del profeta Sofonia. Questa gioia è proiettata sul popolo di Dio che vive ancora nella sventura, perché vi è questa gioia? “ Dio ha revocato la condanna che pesava su Israele”; “Dio ha disperso il tuo nemico” “ Il Signore è in mezzo al suo popolo”. Il Signore non solo sarà presente in Gerusalemme, ma vivrà con gioia e amore rinnovato con Israele ed “esulterà per te con grida di gioia”. Cosa ha fatto questo popolo per entrare nell’amore di Dio? Ha mantenuto salda la speranza nel Signore. Il profeta Isaia ci dice: “ Egli viene e vi salva” e la sua venuta è come la fioritura del deserto, diventeranno forti le mani dei deboli e fermi i ginocchi vacillanti, tutti vedranno lo splendore di Dio. Certo il deserto fiorirà, per la presenza di Dio, anche oggi noi attendiamo questa pioggia benefica, sappiamo che essa è “la Parola del Signore” e farà rifiorire il nostro cuore che a volte è arido come la steppa. Lasciamo che la Parola di Dio raddrizzi le vie della nostra vita, ricerchiamo con coraggio la consolazione di Dio riconoscendo la nostra povertà e il bisogno di essere perdonati dal Signore. Il Vangelo di S. Luca ci presenta Giovanni nel deserto a Lui accorrono “le folle”, ascoltavano la sua voce che li chiamava alla conversione della vita, e “venivano battezzati nel Giordano confessando i loro peccati”. Il battesimo di Giovanni è un battesimo di preparazione, amministrato solo “all’acqua”, che rimanda a quello che doveva compiersi “nello Spirito e nel fuoco”. Molti interrogano Giovanni: le folle chiedono: “Che  cosa dobbiamo fare?” e Giovanni risponde: “Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, chi ha da mangiare faccia altrettanto”. Giovanni nella risposta riprende il messaggio della condivisione e dell’amore verso il fratello che in Dio forma il popolo della promessa. È Dio che nella sua bontà dona a tutti i beni della terra e per questo vi deve essere per tutti la condivisione del dono di Dio. I pubblicani chiedono: “Cosa dobbiamo fare?” A loro Giovanni risponde: “Non esigete nulla di più di quanto è fissato”. Tutto doveva avvenire senza ingordigia, erano demandati alla riscossione delle tasse per Roma, erano malvisti dagli Ebrei, uno di loro sarà chiamato da Gesù a far parte dei dodici: Matteo. Il terzo gruppo è formato dai soldati: “E noi cosa dobbiamo fare?” Giovanni dice loro di: “ Non maltrattare, non estorcere niente a nessuno, di accontentarsi delle loro paghe”. Certo è un percorrere rapporti nuovi, secondo dignità, giustizia e attenzione delle genti, dovevano abbandonare l’ingordigia del denaro e del potere, ma essere rappresentanti dell’impero rispettando le genti che ne facevano parte. Anche Giovanni sarà afferrato dal suo destino di profeta e sarà gettato in carcere da Erode. S. Luca al versetto 18 ci dice che: “Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo”. La missione è descritta con poche parole, ma sono il fondamento della missione di Giovanni. “Evangelizzava esortando”.

Omelia_ 8 dicembre_ IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE

Nel nostro cammino di Avvento, ci avviciniamo alla figura di Maria concepita senza peccato originale per essere la Madre del Signore come dice la lettura del Vangelo di S. Luca. Ma per penetrare il “Mistero della Concezione Immacolata di Maria” ripartiamo dalla seconda lettura tratta dalla lettera agli Efesini perché in essa ci viene descritto ciò che accade a Maria. “Scelta prima della creazione del mondo, per essere santa e immacolata al suo cospetto nella Carità”. Il testo di S. Paolo parla come tale della comune esistenza cristiana, del nostro mistero, ma si vivifica totalmente e in modo esemplare solo nella prima eletta, che è la figlia di Sion, la Chiesa in persona, il modello perfetto dell’esistenza cristiana. Maria non si separa da noi, la sua vocazione ci dona la capacità di comprendere il senso della nostra vita. In essa e da essa possiamo vedere e comprendere che cosa sia la grazia, che cosa sia la libertà e una vita di comunione con Cristo. Il nucleo del mistero dell’Immacolata viene spiegato con tre concetti: santa e immacolata, al suo cospetto, nella carità. Che cosa significa che Maria è vissuta nella carità? Vuol significare che è nella grazia ed indica che Essa è essenzialmente in relazione, è l’aprirsi dell’anima al suo vero destino, all’amore di Dio. Essere nella grazia vuol dire: lasciarsi pervader dall’amore divino e amare con tutto noi stessi. La seconda indicazione della lettura ci dice: “al suo cospetto”. Maria vive al cospetto di Dio, alla sua presenza. Lo sguardo del suo cuore è sempre fisso in Dio e nella luce divina vede bene anche le sue creature. Maria, guardando Dio, impara l’amore, diventa amore. Guardando Dio entra nella sua verità, perché siamo sempre noi tutti sotto gli occhi di Dio. Maria diventa “lieta” e “libera” dalla paura. Il nucleo di ogni paura è la solitudine, la paura di essere non amata. San Giovanni ci dice: “Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore”. Maria è Santa e Immacolata. Essere santo applicato alla creatura, vuol dire che essa vive continuamente il suo essere: “partecipe della natura divina”. Essere Immacolata significa vivere nella Parola di Dio. Maria è piena di grazia perché ha vissuto la sua vita nel disegno originario di Dio, ha unito il suo sì con il sì di Dio, entrando in una unità profonda con Dio stesso. La parola fondamentale della nostra libertà è il sì, il no non crea ma distrugge. Solo la persona che si apre, si dimentica, non cerca la propria, ma si mette senza paura a disposizione di Dio. Con Dio trova se stesso. Maria con le parole: “Ecco sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” ci mostra la via che conduce a Dio. Mettiamoci anche noi nelle mani di Dio.

Omelia_5 dicembre 2021_ II Domenica D’Avvento

La seconda domenica di Avvento ci presenta due messaggi legati alla speranza: il primo viene evidenziato dalla prima lettura del profeta Baruk, è rivolto a Gerusalemme e al popolo ebreo ancora in schiavitù a Babilonia. Vari profeti propongono il tema della Consolazione che Dio donerà al suo popolo. Isaia ripete “ Consolate, consolate il mio popolo” Dio viene a salvarvi. Tutti devono essere pronti all’incontro col Signore, “Gerusalemme deve stare in piedi e guardare verso oriente” perché “Dio ha deciso di portare Israele in cammino verso la salvezza sotto la gloria di Dio”. Possiamo chiedere: “Dove si trova questa consolazione? Dio come ci consola?” la prima realtà è che la consolazione la ritroviamo perché ci ha chiamati. Egli desidera che doniamo a tutti la luce della fede che ha posto nei nostri cuori. La seconda consolazione di Dio è che vuole consolare attraverso la nostra persona e ci fa sapere che ama in modo particolare gli afflitti. Il secondo messaggio di speranza è dato dalla presenza di Giovanni il Battista; il Vangelo di San Luca nei primi due versetti del testo che abbiamo letto presenta la situazione “politica” dell’impero romano, della Giudea e delle varie zone in cui è divisa la Palestina, ma nessun personaggio storico viene rapito dalla Parola, ma essa “venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.” Così inizia la missione di Giovanni. Una realtà che ci viene dinanzi agli occhi è che Giovanni è trovato dalla Parola di Dio nel deserto, predica nel deserto, non è rimasto nelle città in mezzo alle case degli uomini dove la sua predicazione li poteva raggiungere. È andato nel deserto e chi lo voleva ascoltare doveva andare da lui, era per le persone un cammino di ricerca mentre si allontanavano dalla realtà quotidiana. Se leggiamo il profeta Osea questo recarsi nel deserto era ritrovare il Signore, il luogo in cui era stato sancita l’Alleanza, il luogo in cui Dio guidava il suo popolo. Le parole di Giovanni sono profetiche: predicava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Il profeta Isaia ci dice chi è Giovanni, è una voce che grida, la sua missione è essere voce, è il grido di Dio, prima della venuta del Messia. Credo che Dio chieda anche a noi di essere la sua Voce che chiama tutti alla conversione. Ripeto sempre in avvento le parole di Osigene che dice: !Giovanni predica nel deserto del nostro cuore, del nostro peccato” affinchè tramite la conversione possiamo ritrovare il Signore; proviamo a cambiare la nostra vita e donarla a Dio, apriamoci a Lui per diventare umani della nuova umanità rinnovata da Cristo,  lasciamo entrare in noi la Parola, ed Egli a partire da noi potrà risplendere come luce per gli uomini, perché il mondo divenga autenticamente l’Avvento di Dio che consola e ama.

L’OMBRA DI UN PRESEPE

Un gioco di luci e ombre per il presepe realizzato dai bimbi di seconda e terza elementare del catechismo.  Un richiamo alla luce portata da Gesù nel mondo:

Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Gv 1,9

Grazie ai piccoli artisti: Francesco, Leonardo, Battista, Luca, Filippo, Christian, Ginevra, Isabella, Clarissa, Francesca, Ilaria, Vittoria, Riccardo, Amelia, Mattia, Stefano, Caterina, Ilaria, Diego, Alessandro e Erik